Le piccole attività che non avevano mai pensato di dover comunicare, oggi saranno costrette a farlo: penso ai piccoli negozi e alle piccole botteghe di quartiere, a bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie che fino al momento in cui sono stati costretti a chiudere non avevano – probabilmente a ragione – mai riflettuto sull’importanza di impaginare un menù, di aprire una pagina Facebook o un e-commerce, di impostare un servizio di newsletter.
D’altronde – complici le conseguenze intenzionali e non-intenzionali delle misure attuate durante le prime due Fasi della lotta al Coronavirus – abbiamo assistito a una trasformazione dei consumatori e, in qualche modo, dell’urbanistica delle città: laddove i grandi distributori non riuscivano a dare risposte celeri alla domanda di prodotti, davanti alle file infinite per entrare nei supermercati e alle norme che impedivano gli spostamenti in automobile per fare la spesa, in molti hanno riscoperto la dimensione molto più slow delle botteghe di prossimità. Per tutti questi esercenti vale il dogma dell’innovatore per cui ogni crisi si trasforma in un’opportunità.
Ora spetterà a loro, anche e soprattutto attraverso la comunicazione, saper mantenere la nuova clientela acquistata, non solo implementando e aggiornando le loro modalità di distribuzione ed erogazione di servizi e prodotti, ma anche cercando di dare risposta a un’audience abituata di certo a standard “comunicativi” più moderni. Non mi riferisco a bot su Telegram o grafiche rivoluzionarie, ma anche semplicemente all’aggiornamento delle info di contatto su Google My Business o sulla propria Pagina Facebook. Piccoli gesti che nel mondo che si sta poco a poco delineando davanti ai nostri occhi, faranno la differenza tra chi riuscirà a cogliere l’opportunità di un nuovo modo di immaginare i servizi locali e chi invece verrà tagliato fuori da una crisi sociale ed economica senza pari.